Creare un lievito madre naturale o pasta madre partendo da zero

Creare un lievito madre naturale in casa partendo da zero è un’attività molto semplice. Richiede davvero pochi strumenti, che si trovano comunemente in ogni cucina, tanta precisione e un po’ di pazienza.

Per i più impazienti, potete saltare alla guida passo passo alla creazione del lievito madre liquido.

Come nasce un lievito madre naturale

Il lievito madre è una coltura di differenti specie di batteri e di lieviti che vivono in un substrato costituito da acqua e farina. All’interno dell’impasto questi microrganismi sopravvivono, si nutrono e si replicano, fino a colonizzare completamente il substrato. Al momento opportuno, l’apporto di nuova acqua e farina (ovvero quando facciamo un rinfresco) apporta nuovo nutrimento a questi microrganismi, fornendo tutto il materiale necessario per attivare il loro metabolismo e permetterne la replicazione.

Un lievito madre naturale visto da fuori non è altro che un impasto di acqua e farina. Ogni volta che lo rinfreschiamo cresce in volume gonfiandosi per via dei processi fermentativi che si sviluppano al suo interno. Perché però se impastiamo solo acqua e farina da zero questo non succede? Cosa ha di diverso un lievito madre?

Il lievito madre visto da vicino è una selezione controllata e stabile di batteri (in particolare batteri lattici, detti anche lattobacilli o in breve LAB) e lieviti che viene mantenuta in vita, costante e in salute proprio tramite i rinfreschi. Le specie di microrganismi che troviamo al suo interno non si generano ovviamente dal nulla, ma si sviluppano per replicazione a partire da quelli che già naturalmente sono contenuti principalmente all’interno della farina, ma in minima parte nell’acqua, nell’aria e sulle superfici che comunemente utilizziamo. Quando mettiamo questi microrganismi in condizioni ottimali per la replicazione allora questi, in modo completamente spontaneo, verranno stimolati nella loro attività metabolica si riprodurranno e aumenteranno di numero in modo esponenziale.

A partire quindi da una popolazione iniziale molto piccola, indeterminata e non controllata di batteri e lieviti, rinfresco dopo rinfresco si arriva ad ottenere una popolazione finale di alcuni ordini di grandezza superiore rispetto a quella di partenza, dove le specie di LAB e di lieviti presenti dominano rispetto alle altre forme di vita inizialmente presenti nella farina.

Come si stimola la replicazione dei microrganismi del lievito madre

Per permettere la replicazione dei microrganismi di nostro interesse è importante realizzare le condizioni nelle quali l’attività replicativa è massimizzata.

Le variabili principali su cui regolano lo sviluppo di LAB e lieviti sono grossomodo le seguenti:

  1. Quantità di acqua presente nell’impasto
  2. Temperatura di stazionamento durante il riposo
  3. Acidità o pH dell’impasto

Mentre modificare a nostro piacimento il pH di un impasto non è semplicissimo, è però possibile lavorare su idratazione e temperatura in modo da creare le condizioni ideali per la replicazione cellulare dei microrganismi.

Proviamo a semplificare le cose, e vediamo tutti i LAB e tutti i lieviti come due famiglie di organismi differenti ciascuna caratterizzata da condizioni di crescita ideali. Gli articolo di Brandt et al. (2004) [1] e Gänzle et al. (1998) [2] ci possono aiutare a tracciare i confini per massimizzare la crescita. Usando come riferimento per i LAB il Lactobacillus sanfranciscensis e come riferimento per i lieviti Candida humilis e Candida milleri, possiamo vedere che i LAB presentano una temperatura di massima crescita attorno ai 32° mentre i lieviti presentano la massima crescita attorno ai 28° di temperatura, ma danno il massimo attorno ai 24° se mettiamo in conto anche la massima densità numerica raggiunta [1].

Volendo quindi cercare di stimolare entrambi i microrganismi contemporaneamente, è sensato scegliere un punto di lavoro intermedio, ovvero circa 26-30°C, con un optimum sul valore di 28°C.

Primi passi della creazione di un nuovo lievito madre naturale

Il primo, fondamentale passo per la creazione di un nuovo lievito madre naturale consiste nell’impastare acqua e farina in proporzioni ben definite, per poi mettere a riposare questa miscela a temperatura controllata per un certo periodo di tempo. Questo passaggio, seppur molto semplice, è alla base di qualunque strategia di creazione di un lievito madre.

Successivamente, trascorso il tempo necessario, si procede al primo rinfresco. Si preleva quindi una parte dell’impasto lasciato riposare, si aggiungono nuova farina e nuova acqua (sempre in proporzione ben determinata), si impasta e si mette l’impasto così ottenuto nuovamente a temperatura controllata.

Questo processo va ripetuto molte volte fino a quando non si è sicuri che la neonata pasta madre non è sufficientemente matura e stabile per sostenere un processo di lievitazione di un impasto, come ad esempio il pane.

Ci resta da decidere quindi come scegliere la farina, come scegliere l’idratazione, come scegliere le temperature e come scegliere i tempi.

Scelta della farina

Come abbiamo già visto nell’articolo sulla scelta della farina per i rinfreschi del lievito madre, a una pasta madre matura ciò che interessa principalmente è la quantità di zuccheri contenuti in una farina e la velocità dell’azione delle amilasi. Fondamentalmente da quel punto di vista sono tutte più o meno equivalenti, oggi, soprattutto se si indirizza la propria scelta verso prodotti della GDO.

Una caratteristica delle farine su cui possiamo lavorare è il grado di abburattamento, ovvero quello che viene erroneamente definito grado di raffinazione. Più si va verso una farina integrale e più sarà abbondante la quantità di batteri e lieviti presenti nella stessa, in quanto questi microrganismi tendono a stazionare sulle parti cruscali del chicco di grano.

Scelta dell’idratazione

Cambiando l’idratazione dell’impasto possiamo agire su due fattori: la velocità di acidificazione e di conseguenza la selezione dei microrganismi di cui si favorisce la replicazione. Usando una idratazione più elevata andremo a stimolare l’acidificazione e la proliferazione dei batteri lattici, mentre usando un’idratazione più bassa andremo tendenzialmente a rallentare queste attività.

Scelta delle temperature

Le temperature giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo del microbiota nella nostra pasta madre. Come abbiamo visto precedentemente esiste un range di temperature ottimali per stimolare al meglio sia lo sviluppo dei batteri sia lo sviluppo dei lieviti.

Rischi del processo

Nella fase iniziale della creazione della pasta madre è nostro interesse spingere al massimo la replicazione cellulare di batteri e lieviti in modo che questi colonizzino il prima possibile il substrato di acqua e farina per un motivo molto semplice: devo vincere la competizione con una miriade di altri microrganismi presenti nell’impasto e non dare modo a quelli dannosi per la nostra salute di avere la meglio.

L’esempio classico più frequente è quello delle muffe: questi microrganismi tendono a svilupparsi con molta facilità in ambienti ricchi di nutrienti, umidi, esposti all’aria e in presenza di temperature ideali (ad esempio attorno ai 20-30°C). Nei primissimi giorni di creazione della pasta madre le condizioni per lo sviluppo di muffe sono ideali, così come lo sono per lieviti e batteri.

Ciò che ci può salvare è riuscire a stimolare quanto prima la replicazione dei batteri lattici, dal momento che questi in fase di fermentazione producono acidi e quindi abbassano il pH dell’impasto, rendendo il terreno sfavorevole alla proliferazione delle micotossine.

Parimenti, i batteri lattici producono batteriocine, ovvero una sorta di antibiotico che permette loro di distruggere eventuali altri batteri indesiderati e quindi mantenere il predominio sul substrato. In questo modo i batteri lattici si assicurano di non avere competizione biologica, di poter proliferare indisturbati e, indirettamente, ci garantiscono una maggior sicurezza alimentare nel processo di produzione della pasta madre.

Pianificazione dei rinfreschi

Dopo tanto chiacchierare, possiamo quindi mettere insieme i tasselli e delineare una procedura ideale per l’avvio di una nuova pasta madre. Scrivo ideale in corsivo perché ogni processo è migliorabile, e questo è un processo che dà i migliori risultati nella media ed è dedicato al più ampio pubblico possibile, con l’obiettivo di massimizzare la resa.

Raccogliendo un po’ le idee, queste sono le scelte che faremo:

  • Mix di farina integrale e farina di segale per stimolare i batteri lattici eterofermentanti
  • Temperature più alte a inizio processo, in modo da stimolare subito i batteri lattici
  • Idratazione più alta a inizio processo, per lo stesso motivo

E nel corso del tempo:

  • Passaggio a farina 00 per nutrire al meglio la pasta madre ed evitare squilibri nel microbiota
  • Temperatura ideale per il mantenimento del microbiota e per una gestione ottimale in casa
  • Idratazione di riferimento in base al tipo di lievito che vogliamo creare

In merito all’ultimo punto, qui vedremo un processo di produzione di un lievito madre liquido (o licoli).

Strumenti e ingredienti necessari

Procuriamoci pochi strumenti, ma fondamentali:

  • Un bicchiere o barattolo ben lavati e sterilizzati (per ridurre il rischio di contaminazioni)
  • Un tappo ermetico o un foglio di pellicola trasparente
  • Una forchetta

Parallelamente sarà una nostra esigenza mantenere il composto a temperatura controllata e costante. Chi ha in casa una cella di lievitazione avrà la vita facile, in alternativa si può utilizzare il vecchio metodo del forno con lucina accesa all’interno, che in molti casi vi pemetterà di far arrivare la camera del forno attorno ai 30-32°C, senza però poter controllare la temperatura con certezza.

In quest’ultimo caso vi consiglio sempre di tenere un termometro per ambienti all’interno del forno in modo da misurare costantemente la temperatura. Evitere di cuocere la vostra pasta madre per errore.

Come ingredienti invece:

  • Farina integrale di grano tenero
  • Farina di segale (meglio se integrale)
  • Farina 00 con W260-280 circa
  • Acqua

Come acqua va benissimo l’acqua del rubinetto. Volendo anche qui evitare contaminazioni o problemi, specialmente se non siete sicuri delle qualità delle vostre condutture o dell’acquedotto che vi fornisce acqua, potete scegliere acqua in bottiglia (una qualunque, scegliere in base alle caratteristiche organolettiche dell’acqua in bottiglia è assolutamente inutile in questa fase).

Generalmente è facile trovare la farina di segale, ma trovarla integrale può essere più arduo. Io quando ho fretta prendo direttamente questa farina di segale integrale prodotta da Bongiovanni.

Giorno 1

Partiamo con:

  • 30g farina integrale di grano tenero
  • 30g farina di segale (integrale)
  • 80g acqua a 38°C

Mescoliamo tutto nel bicchiere in modo da non lasciare grumi di farina, e chiudiamolo con il foglio di pellicola trasparente. In alternativa usiamo il barattolo con chiusura ermetica.

La chiusura ermetica ci permetterà di evitare un continuo scambio di aria con l’ambiente circostante. Questo non influisce sullo sviluppo di batteri e lieviti in quanto loro hanno ossigeno a sufficienza già incorporato nell’impasto. Ci permette però di evitare un ricambio di aria nel nostro bicchiere/barattolo e quindi riduce le probabilità che muffe e altri microrganismi patogeni presenti nell’aria possano depositarsi sulla superficie e attecchire.
A tal proposito è consigliabile, anche più volte al giorno, mescolare tutto il composto in modo da evitare una prolungata esposizione all’aria degli strati superficiali.

La scelta di acqua a 38° ci aiuta a portare l’impasto ad almeno 32°C considerando che la farina è a temperatura ambiente. Se siete soliti mantenere la farina in frigorifero a 4°C vi consiglio di usare acqua a 50°C.

Mettiamo a riposare a 32°C per 24 ore.

Giorno 2

Procuriamoci un altro bicchiere o barattolo sterilizzato e procediamo con:

  • 30g pasta madre
  • 30g farina integrale di grano tenero
  • 30g farina di segale (integrale)
  • 80g acqua a 38°C

Stesso procedimento del Giorno 1.
Temperatura di 32°C, bicchiere o barattolo chiuso ermeticamente, riposo di 24 ore.

Giorno 3

Esattamente come per il Giorno 2:

  • 30g pasta madre
  • 30g farina integrale di grano tenero
  • 30g farina di segale (integrale)
  • 80g acqua a 38°C

Stesso procedimento del Giorno 2.
Temperatura di 32°C, bicchiere o barattolo chiuso ermeticamente, riposo di 24 ore.

Giorno 4

Iniziamo a modificare le quantità in questo modo:

  • 30g pasta madre
  • 45g farina integrale di grano tenero
  • 15g farina di segale (integrale)
  • 80g acqua a 30°C

Temperatura di 30°C, bicchiere o barattolo chiuso ermeticamente, riposo di 24 ore.

Giorno 5

Modifichiamo di nuovo la “ricetta”:

  • 30g pasta madre
  • 60g farina integrale di grano tenero
  • 70g acqua a 30°C

Temperatura di 28°C, bicchiere o barattolo chiuso ermeticamente, riposo di 24 ore.

Giorno 6

Iniziamo ora a introdurre la farina 00:

  • 60g pasta madre
  • 30g farina 00
  • 30g farina integrale di grano tenero
  • 60g acqua a temperatura ambiente

Temperatura di 26°C, bicchiere o barattolo chiuso ermeticamente, riposo di 24 ore.

Giorno 7

Completiamo quindi la conversione:

  • 60g pasta madre
  • 60g farina 00
  • 60g acqua a temperatura ambiente

Temperatura di 26°C, bicchiere o barattolo chiuso ermeticamente, riposo di 12 ore.

Passate le 12 ore si procederà a nuovo rinfresco con le stesse quantità. Passate dalle 3 alle 4 ore la nostra nuova pasta madre liquida sarà arrivata a massimo sviluppo.

Da questo momento possiamo utilizzarla per provare i primi impasti, in particolare per pane o pizza.

Bibliografia

[1] [doi] M. Brandt and W. Hammes, “Effects of process parameters on growth and metabolism of lactobacillus sanfranciscensis and candida humilis during rye sourdough fermentation,” European food research and technology, vol. 218, pp. 333-338, 2004.
[Bibtex]
@article{Brandt2004,
author = {Brandt, Markus and Hammes, WalterP},
year = {2004},
month = {03},
pages = {333-338},
title = {Effects of process parameters on growth and metabolism of Lactobacillus sanfranciscensis and Candida humilis during rye sourdough fermentation},
volume = {218},
journal = {European Food Research and Technology},
doi = {10.1007/s00217-003-0867-0}
}
[2] [doi] M. G. Gänzle, M. Ehmann, and W. P. Hammes, “Modeling of growth of lactobacillus sanfranciscensis and candida milleri in response to process parameters of sourdough fermentation,” Applied and environmental microbiology, vol. 64, iss. 7, p. 2616–2623, 1998.
[Bibtex]
@article{Ganzle1998,
doi = {10.1128/aem.64.7.2616-2623.1998},
url = {https://doi.org/10.1128/aem.64.7.2616-2623.1998},
year = {1998},
month = jul,
publisher = {American Society for Microbiology},
volume = {64},
number = {7},
pages = {2616--2623},
author = {Michael G. Gänzle and Michaela Ehmann and Walter P. Hammes},
title = {Modeling of Growth of Lactobacillus sanfranciscensis and Candida milleri in Response to Process Parameters of Sourdough Fermentation},
journal = {Applied and Environmental Microbiology}
}

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